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Com’è noto, al di là delle Alpi esistono numerosi siti, il cui nome ricorda Milano: l’Autore, invece, ha fatto il punto su quelli che hanno la radice Mediolanum, ma si trovano a sud delle Alpi. È un’analisi che nessuno aveva mai effettuato e le sorprese non sono state poche. È stata individuata una mezza dozzina di località, che possono essere considerate le capitali delle nazioni dei Celti d’Italia.
Se trovarle è stato facile (è bastato cercare, sull’annuario dei comuni del T.C.I., i nomi simili a Milano e Mediolanum), è stato ben più difficile verificare che fossero in relazione con l’organizzazione dei Celti. È stata studiata dapprima la struttura di Milano, poi si è costatato che le capitali di Senoni, Boi, Lingoni, Cenomani e Leponzi avevano lo stesso assetto.

Medhelanon

Esistono svariate interpretazioni, circa l’origine del nome della città di Milano. Secondo la più accreditata, il termine significherebbe “terra in mezzo alla pianura”, ma è stata proposta anche un'altra interessante lettura, cioè: “luogo di perfezione”, inteso come “sito sacro”.

Di fatto, in tutta Europa ci sono numerosi toponimi, dove è evidente la radice Medhelanon, alla quale è riconducibile Milano, ma non tutti sono localizzati nel mezzo della pianura. La seconda versione ci sembra, anche la più idonea per ricordare una radura, che inizialmente era solo un luogo di sosta, ma poi svolse anche importanti funzioni amministrative e religiose.

L’espressione “Medhelanon” è quella convenzionalmente usata. Per Milano esiste anche una documentazione archeologica, sia pur lievemente diversa. Si tratta di un graffito, sulle mura augustee (Via S. Vito, 18), che riporta il nome della città. È scritto in caratteri dell’alfabeto leponzio, da destra a sinistra[1].

L’incertezza dell’interpretazione è dovuta anche alle difficoltà della traslitterazione, che solo recentemente è stata ufficializzata in “Mes’iolanom” dove la s’ corrisponde ad un fonema celtico, una specie di s sibilante.

Per focalizzare il problema, analizzeremo il caso di Milano e delle altre località a sud delle Alpi, con i nomi riconducibili a Medhelanon, prescindendo da quelle Oltralpe, anche se più numerose e più note.

In alcuni di questi siti troviamo interessanti caratteristiche comuni:

  • Erano collocati su un'importante strada protostorica
  • Si trattava di radure nei boschi, ubicate non lungi da un insediamento abitativo
  • Radura ed insediamento costituivano un’entità protourbana, con funzione di capoluogo di una nazione celtica
  • L’insediamento ha fornito significativi reperti archeologici del 4° e 3° secolo a.C. e/o citazioni storiche
  • La radura non ha lasciato documentazione stratigrafica, ma spesso è ricordata da leggende e tradizioni locali oppure è esorcizzata da un santuario cristiano
  • Il recinto ha forma ellittica con asse minore orientato a N-NE
  • Lo schema dell’insediamento abitativo e del relativo medhelanon può essere così rappresentato:

A sud delle Alpi, alcune località conservano un nome molto simile a “Medhelanon” o a “Milano”: ma in un caso è rimasta solo una labile traccia. Riportiamo le località che abbiamo esaminato, evidenziando il numero delle lettere in comune con MEDHELANON.

È giusto ritenere che l’affidabilità delle nostre ipotesi vada di pari passo con il numero delle lettere comuni:

  • 5 caratteri: MILANO,
  • 5 caratteri: Mandolossa (BS), nel XII secolo: MENDOLACIA, 
  • 6 caratteri: MELANO [TI] (Cantone Ticino) e MELANO (AN) (Marche),
  • 7 caratteri: MEDELANA (BO) (Emilia) e MEDELANA (FE) (Romagna).

I Medhelanon dei Celti erano centri religiosi, amministrativi, militari, commerciali, ecc. con la funzione di capitale, ma di fatto si presentavano come delle radure nel bosco: eventuali costruzioni erano precarie. Il relativo centro abitato poteva trovarsi nei pressi, talvolta era più lontano.

L’esempio più noto è quello di Milano, capitale degli Insubri.

Altre località con la stessa radice erano analoghi recinti sacri, perché derivano il loro nome da Medhelanon (inteso nel senso di “centro di perfezione”, cioè sacra radura):

  • Melano (Cantone Ticino): con Rovio costituiva la capitale dei Leponzi,
  • Mandolossa (BS): con Brixia costituiva la capitale dei Cenomani,
  • Medelana (BO): con Marzabotto costituiva la capitale dei Boi,
  • Medelana (FE): con quanto restava di Spina, costituiva la capitale dei Lingoni,
  • Melano (AN): con un abitato dove oggi c’è Fabriano costituiva la capitale dei Senoni.

Il termine “capitale” non deve trarre in inganno: non si trattava di grandi città. Inizialmente, non lo era neppure Milano, anche se poi divenne un grande centro urbano, come ricorda Strabone[2]. Immaginiamoci gli altri siti!

È interessante notare che c’era un solo Medhelanon per ogni nazione, quindi ciascuna popolazione aveva un ben definito capoluogo. Per gli Insubri, quest’organizzazione è esplicitamente confermata da Strabone e Plutarco; entrambi usano il termine “Metropoli”, che etimologicamente significa “Città madre”. L’esistenza di queste capitali ci assicura che i Celti d’Italia costituivano formali nazioni, anche se la popolazione poteva essere distribuita a macchia di leopardo, accanto ad altre genti.

Le capitali dei Celti d’Italia (golasecchiani e galli)

Riportiamo, in una mappa schematica, la posizione delle “Capitali dei Celti d’Italia”: il termine “Celti” va inteso in senso lato, ma costituisce l’elemento caratterizzante, che meglio definisce queste culture; non è provato che essi costituissero un’unica etnia, pertanto abbiamo preso in considerazione sia le zone di civiltà celtica sia quelle che hanno subito il loro influsso.

Queste capitali dei Celti:

  • Erano sparse lungo la Strada Commerciale o le sue diramazioni, sia verso il centro della pianura o l’Appennino, sia lungo le coste dell’Adriatico
  • Costituivano l’elemento unificante di ciascuna nazione
  • Il centro logistico della città si chiamava Medhelanon o Milano ed il suo nome si è conservato, pressoché invariato, fino ai nostri giorni

Milano

All’inizio del secolo scorso, un appassionato della storia milanese, Alessandro Colombo[3], basandosi su considerazioni prevalentemente toponomastiche, suggerì che l’impianto originario della città di Milano fosse da ricercarsi in un’area ellittica, attorno a Piazza della Scala. In effetti, osservando la mappa della città, possiamo ancor oggi individuare una forma ellittica, delimitata da Piazza Belgioioso, Piazza Meda, Via Hoepli, Passaggio della Galleria Vittorio Emanuele, Via Tommaso Grossi, Via S. Protaso, Via Clerici, Piazzetta Bossi, Via Boito, Via Andegari, Via Romagnosi, Via Morone.

Recentemente, l’ipotesi è stata avvalorata anche da osservazioni altimetriche (G. Oneto[4]), da elementi forniti dall’archeoastronomia (A. Gaspani[5]) e soprattutto dalla considerazione che, più addietro si andava nel tempo, più l’impianto viario tende a coincidere con una linea ellittica (M. G. Tolfo[6]). Infine, si può considerare come indizio probante l’assenza d’edificazione fino al I secolo a.C. all’interno di tutta l’area, mentre l’esterno del suo perimetro è tutto edificato.

Su questo tema, si è sviluppata un’interessante saggistica, circa le dimensioni e l’eccentricità dell’ellisse: quest’ultimo valore è legato ad una terna pitagorica, secondo un criterio già noto in ambito celtico (C. Frison[7] e altri). L’orientamento degli assi di simmetria dell’ellisse sembra coincidere con particolari configurazioni astrali; ma c’è chi pensa che queste direzioni (perpendicolari tra loro) siano determinate dalla posizione del Monte Rosa e da quella del Resegone.

Sulla mappa qui riportata, è tracciata un’ellisse legata alla terna pitagorica con rapporti 3-4-5. La coincidenza con la disposizione d’alcune strade attuali è abbastanza buona: prima della costruzione della Galleria, sarebbe stata ancora migliore.

Ciò nonostante, quest’ipotesi neppure è presa in considerazione dagli archeologi. Essi non hanno tutti i torti: a Milano sono emersi significativi reperti relativi ad insediamenti del periodo di Golasecca e a quello delle migrazioni dei Galli; ma in tutta l’area dell’ellisse non c’è traccia d’edifici fino a tutto il primo secolo a.C..

Questa può essere la spiegazione: il fenomeno urbano nel mondo mediterraneo nasce con la realizzazione dell’urbs, che non è solo un insediamento abitativo, ma è molto di più. Essa racchiude anche una civitas, con strutture per le esigenze della collettività, quali: palazzi, templi, mercato, foro, zecca, ecc..

Presso i Celti dell’età del Ferro, queste due funzioni erano separate. La civitas era il punto dove convergevano importanti strade ed era anche il luogo dove si svolgevano le attività religiose, commerciali, militari, giuridiche, amministrative, ecc. Solitamente si trovava nella radura di una foresta. Lo stanziamento (oppidum, inizialmente non fortificato) era fuori dalla foresta e ben distinto dalla sacra radura.

Questo tipo d’organizzazione è stato evidenziato da M. Farinacci [8], relativamente ai Celti nell’Italia Centrale, ma ci risulta ricorrente anche nell’Insubria[9].

Quando gli storici parlano di Milano, pensano alla civitas, fondata all’inizio del sesto secolo da Belloveso, che poi divenne il centro logistico principale dell’Insubria. Gli archeologi, invece, si riferiscono ad un insediamento, che forse era addirittura preesistente alla fondazione della città, ma che raggiunse una certa consistenza solo all’inizio del quinto secolo, periodo al quale si rifanno i più antichi reperti[10].

Per questa ragione, è naturale che archeologi e storici abbiano una diversa concezione, infatti, si riferiscono ad entità distinte: rispettivamente, il Medhelanon (un’ellisse attorno all’attuale Piazza della Scala) e il Mediolanum (un quadrilatero nelle vicinanze del luogo dove poi sorse il Foro, ora Piazza San Sepolcro).

È altrettanto ovvio, che la sacra radura non abbia fornito testimonianze, come solitamente avviene per un bosco: anche perché tale rimase almeno fino al I secolo d.C.

Melano (Svizzera - Cantone Ticino)

A parte Milano, Melano è il solo sito a sud delle Alpi che è già stato ipotizzato come sede di un Medhelanon: “Mentre Como ebbe il suo Medhelanon nell’attuale Melano sopra Mendrisio, Milano fu santuario della zona di Golasecca. ”[11].

Melano è un comune svizzero su un ramo del Ceresio, presso la strada che unisce Como a Lugano. Ad un miglio di distanza, in località Castelletto sui contrafforti del Monte Generoso, c’è un’area ellittica con asse minore in direzione N-NE, dove sorge un santuario mariano, che sembra tramandare la memoria un’antica radura dei Celti.

Pare sia sorto sull’importante Strada degli Scambi Commerciali che nel quinto secolo a.C. scendeva dai valichi alpini, passava per Como, raggiungeva Forcello (Mantova) e il porto di Spina.

Lungo questa Strada, transitavano i ricchi manufatti, diretti verso i Celti transalpini: i loro prìncipi erano i maggiori acquirenti dei bronzi etruschi e dei vasi attici.

Nel senso opposto viaggiavano le materie prime ed in particolare lo stagno, indispensabile per produrre le armi e gli altri oggetti di bronzo. Questi commerci raggiunsero l’apice nel quinto secolo e arricchirono anche le località di transito, come Como.

La strada cominciò a perdere interesse solo dopo gli eventi del quarto secolo, che alterarono profondamente l’aspetto geopolitico.

Riassumiamo le caratteristiche che accomunano Melano [TI] agli altri toponimi legati al nome Medhelanon:

  • Melano[TI] era ubicato su un importante percorso stradale
  • Si trattava di una radura di un bosco ai piedi del Monte Generoso, non lungi da un insediamento abitativo (Rovio) assieme al quale poteva costituire un’entità con funzione protourbana
  • Oggi (e presumibilmente da sempre) la radura nel bosco sulle pendici del Monte Generoso ha l’asse minore orientato a N-NE
  • L’insediamento (Rovio) ha fornito significativi reperti archeologici preromani
  • La radura, ovviamente, non ha lasciato documentazione archeologica, ma le leggende fiorite accanto al santuario mariano, fanno pensare a precedenti tradizioni. Il santuario della Madonna del Castelletto si presenta come un’istituzione cristiana edificata in contrapposizione ad una radicata forma di religiosità estranea al cristianesimo, perpetuatasi dai tempi più remoti fino al quindicesimo secolo.

 

Mandolossa (Brescia)

L’origine del nome di Mandolossa non è stata accertata, ma poiché si ripetono, nello stesso ordine, le tre principali consonanti, possiamo assimilarlo a Medhelanon, quantomeno come ipotesi di lavoro. Questa località è prossima a Brixia, l’antica Brescia che arroccata sul colle Cidneo costituiva il più importante insediamento dei Cenomani ed è concordemente ritenuta la loro capitale.

Nel quinto secolo a.C., Mandolossa era situata sulla rotta di traffici commerciali che univa il comasco, all’Etruria Padana ed all’Adriatico attraverso la strada pedemontana. Nel tratto Bergamo-Brescia, passato l’Oglio, la strada toccava Erbusco, Cazzago, Castegnato, Mandolossa, ponte S. Giacomo ed entrava in città.

Attualmente, da un punto di vista amministrativo, l’area di Mandolossa è ripartita fra tre comuni: Brescia, Roncadelle e Gussago.

Da quest’ultimo provengono alcune lapidi latine classificate con le sigle CIL[12] V. 4199, 4285, 4423, 4585, 4695. La CIL V. 4285 riporta la scritta “Neptuno / Viribus” e si può attribuire alla tradizione celtica, come altre dediche a Nettuno rinvenute lontano dalle coste. I Celti chiamavano “Nectain” le loro sacre radure: i Romani non capirono bene questo termine e finirono con identificarlo col nome del dio del mare.

In un documento del XII secolo del monaco Bertario, la località di Mandolossa è detta Mandolocia, poi si cita un ponte di Mendolacia nel 1277, un documento del 1505, la chiama Mandolotiu. Nel 1265 si parla del fosso di Mendolacia come confine e all'incrocio con altro torrente. Pertanto il nome è attestato fin dal dodicesimo secolo e più si va addietro nel tempo, più la forma si avvicina a Medhelanon.

Fu sempre località di transito, mai una vera comunità. Le memorie locali e le tradizioni sono legate alla vita nelle cascine, ai cicli delle stagioni, ai lavori nei campi, al mulino e all'osteria, alla vita nelle stalle, al passaggio degli ambulanti. 

Oggi, con le auto, le officine, il traffico, gli ingorghi, l'inquinamento, sarebbe difficile immaginare la presenza di un bosco sacro, ma lungo un tretto di confine tra due comuni è rimasto dello spazio verde…

Esaminando le carte topografiche dell’agro occidentale di Brescia è possibile riconoscere la centuriazione romana con le strade (cardo e decumano) tra loro perpendicolari, che delimitavano gli appezzamenti agrari.

Mirabella Roberti, nella “Storia di Brescia”[13], evidenzia due diverse centuriazioni: una ha la direzione nord-sud. Nel tratto più vicino a Brescia che include anche Mandolossa, l’orientamento è invece lungo un asse principale in direzione N-NE (nord/nord-est), cioè ruotato di 22°30’ (pari ad ¼ di angolo retto), rispetto all’altra. Questa discontinuità ha sollevato interessanti ipotesi, alle quali aggiungiamo la nostra: l’orientamento con cardine N-NE era quello originario e coincideva con gli assi del Medhelanon di Mandolossa, a suo tempo tracciato dai Celti. Successivamente, i Romani impostarono la loro centuriazione con altri criteri, ma rispettarono quello che già era stato definito dai Celti.

Sembrerebbe una spiegazione stravagante, se non fosse, che lo stesso problema si è verificato a Milano, dove gli assi del Medhelanon erano orientati con un cardine a N-NE e il primo piano regolatore romano (quello di Cesare) tracciò strade e appezzamenti orientati nord-sud ed est-ovest. A Milano, però, il doppio orientamento non durò a lungo: Augusto fece cingere la città con delle mura che si adeguarono al primitivo impianto celtico. Alla fine, il cardo romano coincideva con quello celtico.

Traccia di un’ellisse, presso Via Mandolossa

Riportiamo una mappa cittadina del quartiere di Mandolossa[14].

L’andamento stradale urbano evidenzia un’ellisse, per la quasi totalità del suo contorno: fa eccezione un breve tratto, quello che si dirige verso “Cascina Bosco”. Si tratta della reminiscenza di un bosco sacro?

Il tracciato ellittico ed il nome che ricorda Medhelanon, lo suggeriscono, ma è prematuro affermarlo; comunque, è quantomeno sorprendente osservare che l’orientamento dell’asse minore è proprio nella direzione N-NE: lo stesso di quello dell’ellisse di Milano e di quello di Melano, nel Canton Ticino.

Ricostruendo l’ellisse con l’aiuto delle indicazioni delle particelle catastali, accennate sulla carta IGM[15], gli assi risultano lunghi rispettivamente 980 e 670 metri.


La località Bosco è una vasta zona agricola posta ad est di Viale Italia e Via Mandolossa, si estende fino al confine con il comune di Cellatica[16].

Medelana (Bologna)

Questa località non è ancora stata ipotizzata come sede di un antico Medhelanon; noi la proponiamo sulla base degli elementi che seguono:

  • L’etimo è in perfetta analogia con Medhelanon,
  • È vicina all’insediamento celtico, che si sovrappose a quello etrusco di Marzabotto ed era probabilmente il centro abitato corrispondente alla sacra radura
  • L’ambiente ha ancor oggi un suo fascino particolare. Medelana sorge sulle colline bolognesi: un caratteristico complesso di edifici medievali in una posizione particolarmente privilegiata dal punto di vista bioclimatico, con inverni miti ed estati fresche. È circondato da un favoloso paesaggio naturale con boschi cedui, castagneti, prati e pascoli.
  • Medelana era sull’importante percorso lungo la valle del Reno, che da un lato arriva a Bologna e dall’altro assicura le comunicazioni con la Toscana[17]. Medelana ha fornito reperti, anche dell’Età del Ferro[18]
  • Sussistono tradizioni e leggende del tutto in linea con i luoghi sacri dei Celti: Il nome di Medelana dato alla Parrocchia e al monte su cui ella siede pare abbia origine da Medio e Lama, quasi si trovi in mezzo ad una lama, voce significante piano o valle selvosa. Poco lungi dalla Chiesa rampolla una sorgente d’acqua ottima e perenne, che dicesi alzarsi di livello negli anni sterili, ed abbassarsi nei fertili; fenomeno, che si offre di credenza difficile, comecchè vero e provato da altri fatti somiglianti.

Marzabotto-Medelana fu capitale dei Boi? Difficile a dirsi, ma sappiamo che Bologna non fu per i Boi quello che Milano fu per gli Insubri o Brescia per i Cenomani. La documentazione archeologica mostra che Bologna non emerse su altri centri, per ricchezza o livello culturale dei corredi funerari. I Boi utilizzarono spesso centri preesistenti: ciò è chiaro nell’area di Marzabotto[19].

Medelana (Ferrara)

Medelana è una frazione del comune d’Ostellato, in provincia di Ferrara e dista una ventina di chilometri dalla necropoli di Spina.

In questa regione s’insediarono i Lingoni, che hanno lasciato scarsa documentazione archeologica: materiale proveniente dalla zona di Comacchio e dalla necropoli di Spina.

La loro sacra radura si trovava a Medelana (FE), come conferma l’etimo, in perfetta analogia con Medhelanon, ed il fatto che si trovasse su due importanti percorsi:

  • l’antica strada degli scambi commerciali, essendo quasi alla fine del tratto tra Forcello (Mantova) e Spina.
  • l’arteria realizzata dagli Etruschi, che dal porto di Pisa, attraverso Gonfienti (una città etrusca vicino a Prato), Marzabotto e Bologna raggiungeva Spina allo scopo di commercializzare nelle zone adriatiche, il loro prodotto più prezioso, cioè il ferro estratto all’isola d’Elba.

Nel primo secolo, Strabone ricorda in questa zona, solo Spina “ora piccolo villaggio ed anticamente città ellenica famosa”. In questo “piccolo villaggio” può individuarsi il centro abitato legato a Medelana e, assieme alla sacra radura, costituiva la capitale dei Lingoni.

Per quanto ci è noto, la più vecchia citazione di Medelana è riportata da Guido Guerzoni, studioso delle Corti Estensi, ed è riferita agli anni 1457-1462. Le notizie storiche risalgono alla fine del quindicesimo secolo.

La “Delizia” di Medelana era una delle sedi di soggiorno autunnale della Casa d’Este, durante le cacce con il falco e le reti. Nel novembre del 1499 arrivarono alla Delizia per nave il duca Ercole I con il figlio Alfonso, futuro duca di Ferrara. Per Lucrezia Borgia, moglie d’Alfonso I, era un abituale luogo di riposo. Nel 1504 il poeta Pietro Bembo spediva a Lucrezia, a Medelana, il libro de «Gli Asolani». La “Delizia” fu residenza preferita da Marfisa, unica estense a rimanere a Ferrara dopo la devoluzione alla Santa Sede (1598). Qui Marfisa, nel 1593, ospitò Torquato Tasso facendolo uscire dalla “prigione” dell’ospedale di Sant’Anna di Ferrara, per farlo riposare e ritemprare. Questa località, denominata “La Delizia” è famosa da almeno cinque secoli e potrebbe essere l’erede di un’altra, con ben più antica tradizione, ma con analoga connotazione: l’espressione “medhelanon” equivale a “luogo di perfezione”.

Nel libro[20] “Il basso Po, problemi storico linguistici ”, Salvatore Barbagallo cita alcuni toponimi locali, per provare che “I Pelasgi, ovvero gli antichi Greci, abbiano abitato la zona ferrarese”. Limitatamente alla provincia di Ferrara ricorda Rovereto, frazione d’Ostellato: rovere è elce.

Boschi e querce sono peraltro ascrivibili anche alla tradizione celtica certamente presente nella zona, ed in particolare nell’ambito dell’attuale comune d’Ostellato.

Nel secondo secolo a.C., Spina era, da tempo, insabbiata e la strada Mantova - Spina non era più praticata.

La pista ciclopedonale tra Medelana e Rovereto: due toponimi che ricordano il mondo magico dei Celti

Oggi il canale di S. Nicolò (FE) è ricordato anche come Canale del Medelano: passa presso Voghenza, nel comune di Voghiera, località dove sono state rinvenute numerose iscrizioni latine. In età romana, questo insediamento era il più importante della zona e di esso fu erede Ferrara. Qui poteva sorgere l’insediamento dei Lingoni, legato alla sacra radura di Medelana dalla quale dista solo una decina di chilometri, ma privilegiamo l’ipotesi di Spina, in quanto supportata da una sia pur labile documentazione archeologica.

Ai tempi dei Romani, i natanti risalivano il fiume Po fino a Vicus Habentia (Voghenza), quindi si dirigevano, sempre per via d’acqua, lungo il Reno, transitando per Maccaretolo, un insediamento a diciotto miglia da Bonomia, che era collegata ad esso, oltre che dal fiume, anche da una strada posta sulla riva destra del Reno.

Nel tratto di bassa pianura, il fiume Reno veniva percorso dalla strada di fondovalle che da sempre percorreva la sua riva sinistra; ma, giunta al Sasso, a causa dalla rupe che dà il nome alla località, il transito diventava difficoltoso perciò era necessaria la risalita verso le strade di cresta per Jano, Lagune, Medelana (dei Boi), Luminasio, Montasico e Marzabotto. Questa strada era praticata già dagli Etruschi: in età celtica, questo stesso percorso (in parte fluviale ed in parte stradale) univa le capitali dei Boi e dei Lingoni.

Melano (Ancona)

Melano è una frazione di Fabriano, situata nella valle del Rio Bono. Nella zona sono stati ritrovati diversi sepolcreti Senoni. Anticamente questa zona era terra di confine e convivenza di tre civiltà preromane: Umbri, Piceni e Celti.

Melano dista una dozzina di chilometri da Sentinum dove nel 295 a.C. si sarebbe svolta la famosa battaglia, nella quale i Romani sconfissero Senoni e Piceni. Secondo un’interessante ricostruzione[21], lo scontro non sarebbe avvenuto esattamente dove ora si trovano i resti di Sentinum, ma nei tratti di pianura dove oggi c’è Fabriano. La tesi è in accordo con gli storici che parlano di “Agro Sentinate”; peraltro a Sentinum non c’erano ampi spazi per una battaglia come quella descritta dagli storici. Il combattimento si sarebbe verificato nelle due pianure che affiancavano quella di Melano (un poco più piccola). I Senoni combatterono disperatamente, ma invano, per la difesa del loro Medhelanon: il cuore della capitale, Melano.

Dove si trovava il centro abitato corrispondente alla sacra radura? Temiamo che le ricerche possano riuscire vane: i Romani ebbero la mano pesante con i Senoni e non è rimasto molto. Gli storici ritengono sia stato il primo genocidio documentato nella storia europea, ma gli archeologi sono più prudenti: il genocidio, probabilmente, si é svolto più sulla costa che nell'entroterra. Ad esempio, il sepolcreto di Montefortino è un punto d’arrivo della civiltà senone: si trattava di un gruppo sopravissuto alle stragi. Se facciamo un confronto con analoghi siti, potremmo pensare che l’insediamento fosse a Foro Boario - Sacramento, che dista circa cinque chilometri da Fabriano: qui furono rinvenute tombe celtiche.

Purtroppo le necropoli sono andate quasi completamente distrutte: è stato salvato solo il salvabile (calderoni, spiedi, ecc.); ma c’è chi si ricorda di aver notato nei pressi, a suo tempo, vasellame grezzo grigio, resti di capanne… quindi la prova di un villaggio preromano celtico. Oltre alla necropoli di Fabriano (in località Foro Boario - Sacramento) altre tombe celtiche e/o abitati sono stati trovati presso Melano: la tomba di S. Cassiano a 3 km, l’abitato di Montorso a 7 km, le tombe di Monte Nebbiano a 8 km e la famosa tomba con guerriero a Moscano di Fabriano.

Forse non esisteva un unico grande villaggio, bensì una distribuzione di insediamenti minori, come era costume dei Galli.

È da escludere che Melano possa essere un toponimo recente; perchè questa località è ricordata dagli storici anche per la battaglia tra Totila e Narsete (anni 540-567), dando per scontato che ai tempi esistesse già con quel nome.

Significato di Medhelanon

Resta un’ultima curiosità: qual è il vero significato di “Medhelanon”?

Gli esperti riferiscono che «medhe sta per “centro” e lanon significa “santuario” … Il sanscrito madhya-lan significa “la sacra terra del mezzo”»[22].

Nulla da eccepire, anzi, la nostra ricerca conferma questa interpretazione, ma forse il termine veniva percepito dalla popolazione, in un modo diverso; per loro significava: “capitale”.

In particolare, per tutti gli Insubri, Milano aveva questo significato, come ricorda Plutarco[23], precisando che essi amavano la loro capitale e per la sua difesa sapevano strenuamente combattere. Lo stesso avevano fatto i Senoni.

Leponzi, Cenomani e Lingoni avevano la capitale su quella che era stata una importante strada commerciale. Anche la capitale dei Boi era su un percorso che congiungeva due capoluoghi.

L’impronta di queste nazioni, create dai Celti attorno alle loro capitali sopravvisse sia al centralismo romano, sia alla disgregazione medioevale ed è ancora riscontrabile nella omogeneità culturale del Canton Ticino, della Lombardia occidentale, della Lombardia orientale, dell’Emilia, della Romagna e di parte delle Marche.


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